Il Tar di Palermo ha respinto il ricorso di un cacciatore contro la revoca del porto d’armi. Il provvedimento della questura era stato emesso per la violazione della legge 110/75 che disciplina la modifica di un’arma
La modifica di un’arma può compromettere il porto d’armi. Anche se a realizzarla è un armiere. Lo ha stabilito il Tar di Palermo con la sentenza 170/2017 pubblicata il 23 gennaio. E a niente giova che il reato si sia prescritto nel frattempo. Il rilascio del porto d’armi e la sua revoca sono provvedimenti amministrativi. E seguono pertanto altre linee guida.
Tutti i rischi della modifica di un’arma
Nel 2012 il questore di Trapani dispone la revoca del porto d’armi nei confronti di un cacciatore siciliano. La sua colpa: essersi fatto modificare il fucile Beretta calibro 12 dal proprio armiere di fiducia quattro anni prima. Violando l’articolo 31 della legge 110/75 che disciplina l’alterazione di armi. La rimozione della strozzatura della canna ha determinato la sua riduzione da 81 a poco più di 62 centimetri. E così l’arma si rende più occultabile, anche se l’armiere dichiara il contrario. E comunque in ogni caso l’alterazione rende più agevole il porto e l’uso del fucile. A niente serve la testimonianza dell’esecutore dell’alterazione. L’armiere ha infatti dichiarato di aver eseguito personalmente l’operazione dietro incarico del proprietario. E non importa che, “così facendo non si è alcun modo alterata la natura dell’arma”. L’esecutore materiale testimonia infatti che “da tale operazione l’arma non risulta potenziata o maggiormente occultabile. Le dimensioni attuali risultano ampiamente entro i margini di lunghezza standard per un fucile da caccia”.
La responsabilità penale è personale. Ma quella amministrativa?
Ma per il Tar i rilievi del cacciatore sono troppo deboli. Non importa che ad alterare l’arma non sia stato personalmente il proprietario. Per un procedimento amministrativo come la revoca del porto d’armi, è sufficiente che abbia incaricato un terzo. E non è vero che la questura “si è soffermata su un singolo episodio, senza valutare in maniera complessiva la personalità del richiedente”. Il Tar ritiene che “il singolo episodio è idoneo a supportare il diniego di rinnovo” perché specificamente attinente alla materia delle armi.
E dunque la modifica di un’arma, o la sua alterazione, può costituire motivo sufficiente per la revoca del porto d’armi. Anche se non lo si fa in prima persona. Anche se il reato cade in prescrizione. E anche se le nuove misure risultano compatibili con le previsioni di legge.