Su Repubblica di oggi Gianluca Di Feo critica pesantemente la decisione di liberalizzare il calibro 9×19 in Italia. L’argomentazione però non convince.
L’avvocato Fabio Ferrari l’aveva previsto: quando i media avrebbero realizzato che la legge europea 2019-2020 ha abolito il divieto di usare il calibro 9×19 in Italia, la discussione sarebbe esplosa. Non è stato necessario attendere molto, su Repubblica di oggi Gianluca Di Feo dedica alla notizia un ampio articolo il cui taglio è chiaro sin dall’attacco: “Il nome è esplicito e ha sempre evocato la guerra: Parabellum”.
La parte più equilibrata è quella centrale, in cui si riportano i commenti dei politici favorevoli alla liberalizzazione del 9×19. Prima e dopo si fa fatica a seguire i nodi del ragionamento, tra “corsa al revolver cavalcata dalla destra” e la fine “dell’ultima barriera dell’Italia a mano armata”; per Di Feo è venuto meno “l’unico confine che aveva resistito al dilagare di kalashnikov trasformati in fucili da caccia, di carabine da tiro sportivo con potenze da cecchino e, più in generale, alla crescente diffusione casalinga di pistole d’ogni modello”.
La chiusura è esplicita tanto quanto l’avvio: per Di Feo “il nome scelto per la cartuccia […] si è rivelato subito un successo di marketing, tanto da battezzare poi la pistola Luger P08: la Parabellum impugnata dagli ufficiali tedeschi e diventata un’icona del Terzo Reich”. Se questo è l’approccio, il presunto legame tra la riforma della legittima difesa e un nuovo spirito del tempo passa in terzo piano; così come passa in terzo piano la descrizione del 9×19 come un calibro dal “notevole potere penetrante, che negli ambienti chiusi rende micidiale pure il rimbalzo dei colpi”.
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