Shannon Lee affida a una lettera a Variety la propria proposta per rendere più sicuro l’impiego di armi nel cinema.
Se non è possibile sostituirle con oggetti di scena ed eliminarle dal set – e sarebbe la scelta migliore, innovativa e non punitiva – bisogna comunque ragionare su nuovi protocolli che rendano più sicuro l’impiego delle armi nel cinema. Shannon Lee, sorella di Brandon Lee che ventotto anni fa morì in una situazione simile a quella accaduta sul set di Rust, affida a una lettera a Variety la propria proposta. E invita Hollywood a non fingere che il problema non esista «solo perché negli ultimi decenni gli eventi tragici sono stati pochi», come se «in fin dei conti il sistema funzionasse»; sbaglia chi dice che gli incidenti mortali – definizione peraltro contestata – sono legati non ai protocolli, ma alla loro violazione.
Bisogna pensare a un addestramento obbligatorio per gli attori prima che impugnino un’arma sul set; in questo modo avrebbero «una certa sovranità» sulla sicurezza loro e di coloro contro cui puntano un’arma. Bisogna poi evitare che il responsabile della sicurezza sul set sia lo stesso che deve assicurare il rispetto dei tempi e del budget; nei conflitti d’interesse, è il sottotesto, vincono i soldi. E quando sul set si usa un’arma bisogna che sia presente un esperto di sicurezza delle armi; e che sia lui, o lei, l’unico a maneggiarle e a consegnarle agli attori. Sempre che sia necessario continuare a usare quelle vere.
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