Il Tar del Lazio ha vidimato la decisione della questura di Roma che aveva deliberato la revoca del porto d’armi di un collezionista coinvolto in alcuni procedimenti penali. A prescindere dal tipo di violazioni contestate e dall’esito del processo
La linea ormai è chiara: in presenza di procedimenti penali, la revoca del porto d’armi è dietro l’angolo. Anche se si tratta di violazioni che niente hanno a che fare col mondo delle armi. O estinte per oblazione. O ancora, non giunte a sentenza definitiva.
La revoca del porto d’armi di un collezionista romano
Lo conferma una sentenza del Tar del Lazio che si è definitivamente pronunciato sul ricorso di un collezionista al quale era stato revocato il porto d’armi. La storia comincia nel 2008, anche se si è conclusa solo a metà gennaio 2017. Nell’aprile 2008 infatti la questura di Roma aveva decretato la revoca della licenza di collezione di armi comuni da sparo. Il collezionista ne era titolare addirittura a partire dal 1984. La questura era venuta a conoscenza che dal 2004 il collezionista era coinvolto in un procedimento penale. Le contestazioni riguardavano i reati di associazione a delinquere, truffa e falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale. E allora era stata disposta la revoca della licenza di collezione di armi comuni da sparo. La motivazione è sempre la stessa che si sente riportare in queste situazioni. Sono venuti meno i requisiti soggettivi di affidabilità e buona condotta, indispensabili “per assicurare la tutela preventiva della sicurezza pubblica e della incolumità dei cittadini”.
Il Tar del Lazio: legittima la revoca del porto d’armi in caso di procedimenti penali
Il ricorso del collezionista è stato respinto dal Tar che nei fatti ha confermato il provvedimento della questura. Le autorizzazioni di polizia possono essere negate, o revocate, a discrezione dell’autorità nei casi in cui il richiedente “non possa provare la sua buona condotta o non dia affidamento di non abusare delle armi”.
Nel concedere le licenze, l’autorità di pubblica sicurezza ha un solo valore da perseguire. Il principio di precauzione. Il potere discrezionale in materia di revoca del porto d’armi deriva dalla prevenzione di ogni possibile rischio per l’ordine pubblico. E pertanto deve esistere “la completa sicurezza sul corretto uso delle armi” da parte di chi richiede l’autorizzazione. È l’unico modo che la legge ha trovato per “scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività”.
Possibili polemiche sul garantismo
La sfera di libertà dell’individuo, di cui il possesso d’armi fa evidentemente parte, può dunque essere intaccata anche dalla “valutazione delle capacità di abuso fondata su considerazioni probabilistiche”. Tradotto: sarebbe poco prudente concedere ad alcuni individui il possesso delle armi.
E soprattutto: si dice sempre che si deve attendere la sentenza definitiva per considerare chiuso un processo. Ma, emerge dai rilievi del Tar, soltanto a livello penale. Dal punto di vista amministrativo è tutta un’altra cosa. I provvedimenti di polizia hanno natura “cautelare e preventiva”. E pertanto non necessitano del passaggio in giudicato delle sentenze penali di condanna. Ma incrementano il potere discrezionale della pubblica amministrazione e dell’autorità di pubblica sicurezza.