Dopo i fatti di Voghera, il segretario del Pd chiede una stretta alla legge sulle armi. Bandierina o proposta reale?
#StopArmiPrivate: è questo l’hashtag con cui Enrico Letta, segretario del Pd, chiede restrizioni alla legge sulle armi dopo i fatti di Voghera. “In giro con le armi solo poliziotti e carabinieri” scrive Letta su Twitter, riprendendo una proposta che aveva già lanciato un mese fa.
Mettendo da parte quanto tanti stanno scrivendo sotto il suo tweet, e cioè che un provvedimento di questo tipo rischia di facilitare la diffusione illegale di armi – “E ovviamente mafiosi, criminali, clandestini, delinquenti. Quelli mica chiedono permesso a te. Vogliamo facilitargli (sic) il lavoro?” gli risponde Claudio Borghi della Lega – sono almeno cinque le considerazioni politiche necessarie.
La prima è che non si può pensare di legiferare sull’onda emotiva di un evento di cronaca. Per sua natura la legge richiede valutazioni approfondite e confronti concreti. La seconda è che, a mente, nel programma con cui il Pd si è presentato agli elettori non c’era una stretta di questo tipo (e non solo nel 2018, quando era guidato dall’arcinemico Renzi; ma neanche nel 2013, Bersani segretario e Letta vicesegretario, e da lì presidente del consiglio per un anno). Buona consuetudine vuole che su una legge così rivoluzionaria si chieda un mandato elettorale esplicito.
La terza è che quantomeno sportivi e cacciatori – che poi siam tutti bravi a gioire per le medaglie olimpiche, ma le medaglie olimpiche si costruiscono con un lavoro decennale; e siam tutti bravi a dire di voler tenere la fauna in equilibrio con l’ambiente, ma senz’armi è difficile farlo – dovrebbero essere accomunati a poliziotti e carabinieri (ed esercito, si spera ovvio) senza nemmeno pensarci. Però, è evidente, così cadrebbe lo slogan #StopArmiPrivate.
La quarta considerazione è strettamente politica. Letta sbaglia se pensa che i proprietari di armi siano tutti di destra. Ci sono proprietari di armi progressisti e, come in tutte le categorie sociali, (ex?) elettori del Pd. E di sicuro ci saranno anche nel collegio di Siena, dove Letta si candida per le elezioni suppletive («E se perdo lascio» ha già fatto sapere). Converrebbe tenerlo presente.
L’ultima considerazione ha a che fare con l’economia: pensare di spezzare un settore che muove più di sette miliardi di euro non è il modo migliore per rilanciarla dopo gli affanni della pandemia. Più che piantare bandierine, forse il contesto chiede di partorire leggi sensate. Se Letta ha voglia di parlarne laicamente, senza pregiudizi, siamo qui. Basta un colpo di telefono.
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