Tornano in primo piano alcune vicende legate al ritiro cautelare delle armi.
Sul ritiro cautelare delle armi è opportuno segnalare quanto riscontrato durante il mese di giugno. Se si fosse trattato di una vicenda isolata, come si pensava all’inizio, non varrebbe la pena di parlarne; invece gli episodi sono parecchi e simili tra loro. Quasi impossibile pensare a una casualità.
La vicenda nasce con un accesso degli organi di polizia presso l’abitazione dei detentori per eseguire un ritiro immediato di armi, licenze e munizioni regolarmente detenute. Il problema (grosso) è che sul verbale non viene fornita alcuna motivazione e che nell’immediato neppure le richieste successive sono servite a individuarne la causa. Inoltre siamo totalmente fuori da casi di flagranza di reato, o contestazioni fatte durante l’accesso e il controllo, o episodi di denunce o querele subite dai detentori.
Atti amministrativi gravemente viziati
Per farla breve: entrano in casa e vi portano via tutto, senza dirvi il perché. Preoccupante, a dir poco. Il vero problema, che dovrà trovare una soluzione per via giudiziaria, è che a distanza di qualche giorno è arrivata sia la revoca del porto d’armi, sia la proposta di decreto ex articolo 39 Tulps. E anche qui mancano (o sono solo accennati) i motivi, cosa che rende complessa l’attività difensiva: questi soggetti non sanno da cosa dovrebbero difendersi. Anche la richiesta di accesso agli atti amministrativi a oggi non ha sortito effetto.
Siamo chiaramente in presenza di atti amministrativi gravemente viziati, sotto il profilo formale e sostanziale; il primo consiglio è di non abbattersi e di non gettare la spugna. Si può commettere facilmente un abuso fintanto che l’abusato non reagisce; dopo, la vicenda rientrerà in un alveo di normale attività difensiva e di contrasto fino ad arrivare ad attività di reazione se verranno individuati profili di responsabilità (non è opportuno dettagliare, ma potrebbero esserci sviluppi in tal senso).
Capisco che se in pochi giorni capita tutto questo il detentore si sentirà scoraggiato, impaurito e afflitto (ne ha ben motivo). Ma la soluzione peggiore è rinunciare a una difesa immediata. Abbiamo affrontato casi che sembravano irrisolvibili, la classica causa persa: come sono finiti è sotto gli occhi di tutti (la vicenda Zastava insegna). Stringeremo i denti e andremo avanti anche questa volta.
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