La proroga delle licenze di porto d’armi sta a dire che la licenza non è scaduta, ma ancora valida. Pertanto durante un controllo di polizia non devono sorgere problemi.
Avevo scritto (e lo confermo) che la circolare del ministero dell’Interno sulla proroga delle licenze di porto d’armi (22 aprile 2020) sia stata provvedimento opportuno. In modo più che tempestivo (pubblicazione del 16 aprile 2020) avevamo puntato il dito sulle proroghe al 15 aprile di termini e licenze, visto che il decreto legge 18/2020 si riferiva ai provvedimenti che fossero giunti a scadenza nell’intervallo temporale compreso tra il 31 gennaio e il 15 aprile. È stato quindi stabilito che i termini hanno subito un’ulteriore proroga al 29 ottobre 2020, ossia 90 giorni dopo la data stabilita per la fine dell’emergenza sanitaria (31 luglio 2020). Restano insoluti tutti i problemi delle licenze scadute prima del 31 gennaio 2020 e con l’iter di rinnovo non ancora ultimato.
Abbiamo assistito alla riapertura graduale delle varie attività, scaglionate per settimana, compresi armerie e poligoni di tiro. È dunque prevedibile, e perfettamente lecito, che in questi giorni e nei prossimi mesi tanti appassionati trasporteranno le loro armi per riprendere le attività di ogni tipo che ne consentono l’impiego. È altresì configurabile l’ipotesi che qualcuno riprendi tali attività con il porto d’armi scaduto ma prorogato ex lege. Anche questo è in linea con la previsione legislativa.
Proroga delle licenze di porto d’armi: il senso della legge
Che cosa accade se a un controllo di polizia vengano sollevate contestazioni sul porto d’armi scaduto? Nulla. Perché gli operatori di polizia sono tenuti (come tutti noi) a osservare la legge. E se la legge scrive che c’è una proroga significa che la licenza non è scaduta ma è ancora valida.
Se, invece, si vuole “perseguitare” il malcapitato contestando reati inesistenti si possono fornire i seguenti consigli: 1) rimanere calmi e composti e chiamare subito, se possibile, un avvocato; 2) stampare e portarsi dietro il testo della circolare ministeriale che le forze dell’ordine sono tenute a osservare e ad applicare.
Se le cose dovessero realmente prendere una brutta piega (sequestro di armi e licenza, deferimento alla autorità giudiziaria, provvedimenti ablativi di tipo amministrativo), sarà possibile valutare prudentemente se procedere con ogni tipo di tutela, non solo difensiva-passiva, in ambito penale e civile. Oltre a reati (propri) del pubblico ufficiale, da svolgere e contestare in sede penale, si può configurare – in aggiunta – un danno risarcibile. La difesa tecnica non è gratuita. E se un soggetto viene ingiustamente costretto a spendere migliaia di euro per difendersi da accuse inesistenti o infondate, chi ha sbagliato dovrà pagare (anche in senso letterale).
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