Siulp, Fsp e Sap contestano il ddl Pini che propone di introdurre i codici identificativi per i poliziotti in servizio.
No, i codici identificativi per i poliziotti no. Siulp, Fsp e Sap criticano a fondo il disegno di legge Pini che con l’utilizzo di codici alfanumerici su casco, uniforme e gilet tattico intende semplificare l’accertamento delle eventuali responsabilità degli agenti in servizio. Il ddl, presentato lo scorso gennaio dalla deputata del Pd, è stato incardinato in commissione Affari costituzionali un paio di settimane fa. A quanto si apprende, il codice sarebbe modificabile nelle diverse uscite: impossibile per i cittadini riconoscere gli agenti.
Per il Siulp con questa mossa si nega la presunzione di innocenza proprio nei confronti di chi è deputato a mantenere e a tutelare “le condizioni di vivibilità della comunità civile”. I poliziotti, prosegue il sindacato, “sono già il primo bersaglio delle violenze di piazza”. Pertanto “non hanno certamente bisogno di un numero sul casco che li renda riconoscibili ai criminali”. Posizione analoga per l’Fsp: “rendere donne e uomini riconoscibili significa esporli a un ulteriore grave pericolo”.
Sulla stessa linea il Sap, secondo il quale i codici identificativi – “la proposta di marchiarci” – espongono gli agenti “a false denunce e strumentalizzazioni”. Oltre a chiedere “auto di servizio e celle di sicurezza”, il Sap apre però all’altra proposta contenuta nel ddl Pini. Ossia l’introduzione delle telecamere sulle divise.