Il Tar del Piemonte ha respinto il ricorso di un cacciatore presso la cui abitazione erano state rinvenute munizioni non denunciate, peraltro incompatibili con le sue armi
Il possesso di munizioni non denunciate, seppur incompatibili con le armi legalmente detenute, può configurare un abuso. E pertanto determinare la revoca del porto d’armi. È quanto deciso dal Tar del Piemonte sul ricorso di un cacciatore, A.P., che aveva appellato la decisione del questore di Vercelli. Ma senza successo.
Rivenute quindici munizioni calibro 20 non denunciate
A seguito di un controllo presso l’abitazione del ricorrente, i Carabinieri rinvengono quattro fucili e 368 munizioni calibro 12. E fin qui tutto denunciato e tutto regolare. I problemi nascono quando gli uomini dell’Arma trovano quattordici cartucce a palla unica e una a pallettoni in calibro 20. Non denunciate. E non utilizzabili per le armi regolarmente denunciate. Ma, secondo l’esposizione del cacciatore, “nella dotazione di un’arma precedentemente di proprietà del padre, regolarmente denunciata”.
Il prefetto adotta il provvedimento cautelare di divieto di detenzione di armi e munizioni. Poi avvia il procedimento per la revoca della licenza. E la questura la dispone.
Munizioni a palla o a pallettoni: l’omessa denuncia provoca una contravvenzione
Il ricorso si basa su più capi: eccesso di potere per illogicità della motivazione, fatti non idonei “a comprovare il giudizio di inaffidabilità”. E poi ancora “tenuità del fatto” e soprattutto l’assenza della volontà di celare la detenzione delle cartucce. Ma con la sentenza 664 del 2016, pubblicata all’inizio di gennaio 2017, il Tar del Piemonte lo considera infondato.
Il ricorrente detiene munizioni non utilizzabili per le armi denunciate. Perciò, sostiene la giustizia, o è in possesso di armi non denunciate oppure si è reso colpevole di una grave dimenticanza. Sintomo di inaffidabilità. Perché, a differenza delle cartucce a pallini, l’omessa denuncia anche di una sola munizione a palla o a pallettoni determina gli estremi di una contravvenzione.
Il potere discrezionale dell’autorità sul rilascio delle licenze per armi, esplosivi e munizioni
La prefettura ha il potere di vietare la detenzione di armi, munizioni ed esplosivi “quando sia riscontrabile una capacità di abusarne”. E può valutarlo a proprio giudizio, qualora le circostanze lo richiedano o lo permettano. E poi c’è sempre la tanto dibattuta questione della buona condotta “per la commissione di fatti pure se estranei alla gestione delle armi”. L’assenza di un comportamento adeguato può rendere non meritevoli “di ottenere o di mantenere la licenza”. Senza alcun riferimento al giudizio di pericolosità sociale dell’interessato.
Il possesso di armi come fatto eccezionale
Vale la pena di buttare uno sguardo anche all’orientamento politico (o giurisprudenziale) che il tribunale richiama, quasi a volerlo sottolineare. Il possesso di un’arma da parte di un cittadino “non rientra nello statuto ordinario dei diritti” dell’individuo. E non costituisce un fatto ordinario, “ma eccezionale”. Il potenziale pericolo rappresentato dal possesso e dall’utilizzo dell’arma permette all’amministrazione di cautelarsi “attraverso un giudizio prognostico”, ossia anticipatorio. E a escludere la possibilità di abuso se anche solo se ne annusa il pericolo. Con un giudizio discrezionale dell’autorità di pubblica sicurezza “sulla capacità di abuso da parte del soggetto detentore”.
Il Tar richiama la sentenza 379 del 2010 del Consiglio di Stato che pone limiti ben precisi alla libertà dell’individuo. L’espansione della sfera di libertà “è destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva”. E ciò giustifica la revoca della licenza in caso anche solo di “segni di pericolosità o semplici indizi di inaffidabilità”. Anche perché l’obbligo di denuncia di armi e munizioni rappresenta l’unico mezzo a disposizione dell’autorità per effettuare i necessari controlli. E la mancata denuncia di munizioni “non può essere considerata una mera inadempienza formale”.