Dopo esserci procurati il materiale strettamente necessario per avvicinarsi al mondo dell’avancarica, possiamo iniziare a goderci il nostro nuovo divertimento… si spara!
Riepiloghiamo cosa abbiamo acquistato per poter iniziare in semplicità: innanzitutto il fucile. Abbiamo scelto un fucile a percussione calibro .577/58, nel nostro specifico caso un Pedersoli Enfield P53: per entrarne in possesso è bastata l’esibizione di un documento di riconoscimento in corso di validità e un esborso tutto sommato contenuto considerando l’elevata qualità del prodotto. Abbiamo poi dovuto procurarci le palle adatte: le Miniè calibro .577, i cui pesi possono variare da 500 a 640 grani. Per le prime volte potremo limitarci a quelle già pronte reperibili in armeria: sono distribuite dalla stessa Pedersoli ed hanno un profilo un po’ particolare, con la cavità posteriore poco profonda. Buono il livello di realizzazione, senza evidenti difetti di fusione ed altrettanto buoni i risultati come precisione, nonostante il peso un po’ esagerato, ben 620 grani nominali, e l’elevata lunghezza che non dovrebbe essere molto in sintonia con la rigatura “lunga” dell’Enfield Tre Bande.
L’equipaggiamento minimo
Ovviamente, quando poi l’avancarica ci prenderà completamente, dovremo inevitabilmente dotarci di un fondipalle, entry level o professionale che sia, e di tutta l’attrezzatura per la fusione domestica, con cui produrre palle di peso e forma differenti, ma questo è un argomento da affrontare in seguito.
Per “ingrassare” le palle, evitando impiombature e rendere più morbide le fecce dello sparo, abbiamo acquistato un prodotto specifico per la Polvere Nera, il Lubriblack, e lo abbiamo spalmato nei solchi di grassaggio presenti sulla superficie esterna delle palle Miniè; il grasso è molto morbido e appiccicoso per cui, una volta ingrassate, le palle vanno conservate con cura lontano da sporco e detriti: la confezione originale andrà benissimo, magari mettendo le palle pronte a testa in giù, in modo da poterle prelevare con facilità. Inutile dire che, almeno per le prime volte, questa operazione va fatta a casa con tutta calma e non nello “sporco” del bancone di tiro. Ci siamo procurati anche le capsule “a cappello di prete”, quelle di grosso diametro con quattro alette, facilmente reperibili in qualsiasi armeria ben fornita, e infine una bacchetta di apposito diametro – dotata almeno di una testa portastracci – ha completato l’equipaggiamento minimo per poter iniziare: in effetti le prime volte si potrebbe utilizzare quella in dotazione all’arma, ma il fatto che sia in acciaio e di lunghezza appena sufficiente alla bisogna consiglia di acquistarne una specifica, meno aggressiva sulla rigatura e più comoda da usare. Per pulire l’interno della canna prima di iniziare, e magari tra un colpo e l’altro, ci siamo dotati di pezzuole specifiche della misura adatta al calibro, anche queste offerte dai vari produttori; non dimentichiamo poi un paio di stracci di discrete dimensioni o un rotolo di carta da cucina che ci permetteranno di pulirci le mani durante la sessione, evitando di sporcarci più del dovuto, e un tappetino di gomma o un altro straccio più spesso che ci consentirà di appoggiare il calcio del fucile per terra durante il caricamento, senza rovinare l’ottima finitura del calciolo metallico; in mancanza del tappetino, ovviamente, dovremo appoggiare il calciolo sulla nostra scarpa.
La polvere
Cosa manca ancora? Ovviamente la Polvere Nera, per il cui acquisto è necessario un porto d’armi in corso di validità.
La Polvere Nera è l’unico propellente che potremo usare nel nostro fucile: se qualche sconsiderato vi consiglierà di procurarvi polvere da sparo smontando cartucce da caccia o peggio fuochi artificiali non statelo assolutamente a sentire: sono pratiche pericolosissime, oltre che al limite della legalità. Al giorno d’oggi, ormai, sono rimasti pochi fabbricanti di Polvere Nera e non tutti i loro prodotti sono facilmente e costantemente reperibili nel nostro Paese: date le finalità del nostro sparare, il puro divertimento, ogni marca potrà andare più che bene, l’importante è utilizzare una granitura adatta. Le Polveri Nere sono infatti disponibili in quattro (o cinque) gradazioni, differenti per la dimensione del granello: per il nostro .58 dovremmo procurarci la cosiddetta granitura FFg, o al più la FFFg. Più F ci sono nel nome e più la granitura è sottile e la polvere “più veloce” nella combustione. È il sistema americano, utilizzato un po’ dappertutto, ma la Polvere Svizzera e la francese Vectan utilizzano un altro metodo di identificazione, con un semplice numero che va da 1 a 4: nel caso della Svizzera il numero cresce con la “lentezza” del propellente, esattamente il contrario della polvere francese. In ogni caso, escludendo gli estremi, le due graniture intermedie di ogni produttore vanno più che bene per un calibro “medio” come il .58, e al più dovremo intervenire sulla dose di caricamento diminuendo di alcuni grani se si utilizza la polvere più fina.
Le cariche
Prevedendo di avere reperito una Polvere Nera nella gradazione FFg, prepareremo cariche da 50 a 60 grani, operando con tutta calma a casa. Per un .58 ed una palla da circa 620 grani come quelle commerciali la dose consigliata è sui 60 grani di polvere: per i primi tiri potremo preparare dosi inferiori, intorno ai cinquanta o poco più, in modo da conoscere la nostra arma senza essere intimoriti da un botto e da un rinculo troppo secchi, ma quando ci prenderemo gusto niente vieterà di salire anche a settanta/ottanta, ma solo per provare “l’emozione” e non certo per avere maggiore precisione. Le cariche si possono pesare una ad una o dosare con un misurino che, una volta riempito in modo uniforme, consenta di erogare la quantità voluta: un bossolo di carabina, magari tagliato a misura, va più che bene. Con la Polvere Nera, per l’uso che intendiamo farne, non servono uniformità di dosi al decimo di grano, e una differenza di due o tre grani tra un colpo e l’altro non si noterà nemmeno. Conviene assolutamente non dosare la polvere sulla linea di tiro ma operare con tutta calma a casa, conservando le singole dosi in confezioni monodose da utilizzare al momento del caricamento: potremo impiegare le apposite fialette in plastica antistatica o, più semplicemente, creare dei sottili “tubi” di carta chiusi con una graffetta o un po’ di nastro adesivo. La fantasia e la manualità non devono certo mancare a chi si interessi di avancarica.
E ora al poligono
Prima di presentarci sulle linee di tiro avremo avuto l’accortezza di pulire a fondo il nostro nuovo fucile, lasciando ben asciutto l’interno della canna. Ecco una check-list del materiale da portare con sé: fucile, palle grassate, capsule, bacchetta con accessori, pezzuole, stracci, tappetino e fialette con le dosi di polvere. Sulla linea di tiro provvederemo ad armare il cane a mezza monta, a versare la dose di polvere tenendo l’arma in verticale e inserire subito dopo la palla Miniè che dovrà essere in grado di essere spinta facilmente fino in fondo, né cadendo spontaneamente né richiedendo di forzare con la bacchetta. Nella stragrande maggioranza dei casi le palle commerciali avranno il diametro corretto e in ogni caso la presenza del grasso eviterà che possano muoversi anche nel caso risultassero troppo magre, mentre se risultassero dure da inserire dovremo pensare a procurarci prima o poi un apposito calibratore, utilissimo in ogni caso per rendere più uniformi i diametri delle palle e migliorare la costanza e la precisione sul bersaglio.
Avvertenze per l’uso
Visto che ci stiamo riferendo a veri neofiti dell’avancarica, permetteteci di ripetere ancora una volta alcuni consigli e di ricordare le precauzioni basilari relative al caricamento. Per prima cosa è necessario leggere accuratamente il libretto di istruzioni che accompagna ogni arma, soffermandosi soprattutto sulla parte relativa alla tipologia del nostro nuovo fucile. Questi manualetti, reperibili anche in internet sul sito dei produttori, sono in genere fatti molto bene e pieni di ottimi consigli, per cui rimandiamo con fiducia il lettore alle loro pagine. Per il resto possiamo aggiungere solo poche avvertenze. Durante la sessione di tiro dovremo tenere in ordine e ben pulito il nostro bancone di tiro, provvedendo a cestinare immediatamente – e con cura – le capsule usate e le pezzuole sporche, a togliere eventuali granelli di polvere incombusta e a tenere le cariche e le capsule ben lontane da ogni possibile scintilla. Ovviamente opereremo stando lontani da fiamme libere e impediremo a chiunque abbia una sigaretta accesa di avvicinarsi al nostro bancone: saranno esagerazioni ma è meglio essere più che prudenti. Relativamente ai comportamenti del tiratore, ricordiamo come la capsula debba essere messa sul luminello dopo aver caricato l’arma: è l’ultima operazione da eseguire prima dello sparo e va fatta con calma, senza forzarla o peggio strofinarla contro il luminello. Una volta trovata la dose di polvere corretta e inserita la palla, segneremo sulla bacchetta la profondità raggiunta: questo ci consentirà di essere sicuri che le volte successive la palla sia effettivamente arrivata a contatto con la polvere. Ricordiamo che è pericoloso avere spazi vuoti tra polvere e palla e, se non si pulisce frequentemente durante la sessione, è possibile che la palla rimanga come incollata a causa delle fecce prima di raggiungere la posizione corretta.
Come sparavano una volta
I fucili ad avancarica calibro .577/.58 sono stati utilizzati nei maggiori conflitti della seconda metà dell’Ottocento e la loro micidialità, associata alla miopia dei comandi che ancora combattevano a ranghi serrati come ai tempi delle molto meno efficienti armi a canna liscia, aumentò terribilmente il numero di morti e feriti, sia nella guerra di Secessione sia e in tutti gli altri scontri dell’epoca.
Al tempo i soldati erano in grado di ricaricarli molto più velocemente di come facciamo oggi noi tiratori, stando in piedi a poche decine di metri da altre centinaia di soldati che sparavano loro addosso, e non certo nella calma e nel pulito di un poligono. Come facevano? Lasciando da parte il coraggio o l’incoscienza necessari, vediamo come si potesse caricare il fucile senza tutti quegli accessori e accorgimenti che oggi sono indispensabili: ovviamente la velocità andava a discapito della precisione e della sicurezza del tiratore, aspetto questo su cui oggi non possiamo transigere.
Carica di polvere e palla erano contenute in un involucro di carta, da cui, immaginate un po’, è derivato il termine “cartuccia”: ogni esercito aveva il suo modo di realizzare le cartucce e istruiva di conseguenza le proprie truppe sul loro impiego. Vediamo di descrivere il sistema “canonico” utilizzato proprio per l’Enfield P53. La cartuccia utilizzava una palla ogivale da circa 530 grani priva di solchi esterni, con una cavità a tronco di cono sul fondo in cui era inserito un cuneo in ferro, legno o creta deputato a farla espandere, conosciuta come palla Pritchett. Il proiettile era sottocalibrato ed avvolto in un involucro di carta grassata; la carica di polvere era di due dramme, ossia 68 grani, della granitura “da fucile”. La realizzazione della cartuccia era abbastanza laboriosa, con un involucro a più strati per il contenitore della polvere e un rivestimento esterno che rendeva il tutto simile ad un sottile cilindro. Per caricare bastava strappare con i denti l’estremità della zona polvere, versare il contenuto nella canna del fucile, rovesciare la cartuccia e inserire nella volata per circa due centimetri l’altra estremità contenente la palla; a questo punto si stracciava l’involucro che rimaneva sporgente e si provvedeva a spingere la palla, ancora avvolta nel suo involucro lubrificato, fino in fondo. Molto più semplice e “tradizionale” la cartuccia utilizzata dagli americani: un contenitore per la polvere ed un secondo settore per la palla, una Burton-Miniè grassata, da inserire nuda o ancora avvolta nella carta a seconda del suo diametro. Il sistema inglese “a tre strati” di carta era molto più solido e alla fine anche gli americani, soprattutto i Sudisti, lo copiarono estesamente.
Oltre alle cartucce preconfezionate era poi possibile provvedere a caricare il proprio fucile con le apposite fiaschette con dosatore e palle sfuse, un sistema che prese piede sempre nel “conflitto tra gli Stati” dove, con il procedere della guerra, furono messi a punto tattiche e comportamenti molto più anticonvenzionali che in Europa.