Comunicare la caccia: a testa alta

Comunicare la caccia

 

Comunicare la cacciaComunicare la caccia: a testa alta. Ecco il titolo dell’editoriale che apre il numero di novembre di Sentieri di Caccia.

Un inizio di stagione funestato da un tragico incidente sul quale è inopportuno ogni commento. Due vite spezzate, quella di un ragazzo poco più che maggiorenne e quella del giovane ventinovenne che imbracciava il fucile. Due famiglie, tanti amici e una comunità in lutto. E tante parole dette con sufficienza e scritte sui social network spesso fuori luogo, fuori tempo, a sproposito, inadatte, inadeguate, sconvenienti e fin offensive.

Un inizio di stagione turbolento…

… strumentalizzato da chi si oppone ideologicamente all’esercizio dell’attività venatoria, dove le polemiche hanno scaldato animi e parole. Così, dopo l’incidente mortale di Apricale, è arrivato l’“invito” alle Regioni da parte del ministro dell’Ambiente Sergio Costa a sospendere la caccia di domenica. Nel frattempo il Tar della Liguria ha accolto numerosi punti del ricorso di Lac, Lav, Enpa e Wwf contro il calendario venatorio regionale. E dicendo sì alle pregiudiziali di incostituzionalità, il consiglio regionale lombardo ha affossato la discussione su utilizzo dei richiami vivi e caccia in deroga. E ancora, sempre Wwf e Lac sono ricorse in appello contro l’ordinanza del Tar Marche che ha aveva rigettato il loro ricorso contro il calendario venatorio regionale.

In parallelo, nel mare magnum del web si sondano gli umori dell’opinione pubblica chiedendo se sia arrivato il momento di abolire la caccia. La notizia della presenza in rete del sondaggio si è diffusa a macchia d’olio tra i cacciatori che hanno risposto compatti, ma il risultato schiacciante a nostro favore (al momento in cui scrivo, i no superano l’80 per cento) non ci consente certo di fare sonni tranquilli.

Difendiamo la nostra caccia

In tutto questo, parte del mondo venatorio non ci è certo d’aiuto nel difendere la nostra caccia, quella praticata da uomini e donne che seguono responsabilmente la legge, un rigoroso codice etico e le regole dell’educazione e del buon gusto. Insieme all’apertura della stagione venatoria, infatti, si sono “aperte” le bacheche di tanti profili Facebook in cui sono apparse foto inguardabili di carnieri e sui vari social network sono anche rimbalzate immagini di persone a caccia in barba ai regolamenti, cui hanno fatto eco le voci di moralizzatori che, invece di puntare il dito con coraggio su chi infanga il buon nome della caccia con comportamenti deprecabili sotto molti punti di vista, non invitano a “non fare”, ma a non pubblicare e diffondere immagini sconvenienti. In sostanza, se anche lo fate… non lo dite.

Tutto questo contribuisce a disegnare un brutto quadro di quella che dovrebbe essere invece un’arte praticata da gentleman, tanto che mi sono chiesta se lo scrittore Mauro Corona, interrogato sulla caccia da Bianca Berlinguer durante la trasmissione Cartabianca, abbia vacillato nella sua apologia perché anche per lui che ha fatto delle parole il suo mestiere, trovare quelle giuste, oggi, a difesa della caccia è diventato arduo. E troppo ardito.

Comunicare la caccia anche con belle immagini

Rifletto insieme a voi che leggete questa rivista, e che quindi ne condividete la linea editoriale, sul fatto che, davanti a questo desolante panorama, forse è davvero arrivato il momento di eliminare dalla nostra caccia, quella che ci piace, le cose e le persone che non vanno. In primis, gli sparatori, gli urlatori, i violenti verbali, chi non sa argomentare niente senza usare un linguaggio volgare e aggressivo, i compulsivi da tastiera, chi fa del cattivo gusto e dell’arroganza vuota di contenuti il suo biglietto da visita; biglietto che non è il nostro. Perché penso che come uomini e cacciatori corretti non abbiamo proprio nulla da nascondere. Ci sarà sempre chi sarà “contro”, ma di fronte a persone rette ed educate le voci urlanti di fanatici estremisti ideologici saranno semplici ronzii, magari un pochino fastidiosi, ma nulla più.

“I cacciatori” argomenta Andrea Selvi, cacciatore cinofilo e firma di Sentieri di Caccia “piuttosto che chiudersi come gruppo sociale, riservandosi come unica reazione la lamentela e la pretesa che il mondo possa anche solo minimamente comprendere la bellezza della caccia, dovrebbero puntare sul recupero e l’evoluzione di una solida etica e dell’estetica, sempre unite a forti principi biologici e scientifici, che sono il pilastro dal quale ripartire. Sarà, infatti, solo la nostra capacità di tenere insieme solidi principi etici, profondi riferimenti estetici, con un indissolubile ancoraggio alle conoscenze tecnico-scientifiche, sempre tutte e tre insieme, che manterrà vitale la nostra arte venatoria, che non è solo quella della banale ripetizione della tradizione, bensì una cultura in divenire dialogante col mondo”. Così facendo non avremo nulla da nascondere, nemmeno i nostri ricordi fermati in una bella immagine.

© Viviana Bertocchi