Date di apertura al cinghiale, di chiusura a beccaccia e tordo sassello, aggiuntive per la cesena. E criticità sugli acquatici, sugli orari di caccia e sulla compilazione del tesserino venatorio. Il Tar accoglie buona parte del ricorso contro il calendario venatorio della Liguria.
Il calendario venatorio della Liguria perde pezzi: il Tar ha accolto buona parte dei punti del ricorso di Lac, Lav, Enpa e Wwf, ridefinendo le regole del prelievo di cesena, beccaccia, tordo sassello e cinghiale. E ha spedito davanti alla Corte costituzionale le norme sull’orario di caccia alla migratoria e sulla compilazione del tesserino venatorio.
In prima battuta, sono state eliminate le due giornate aggiuntive di caccia alla cesena nel periodo compreso tra 1° ottobre e 30 novembre. Analizzando statisticamente l’andamento del prelievo negli ultimi anni si è registrato un incremento significativo. Pertanto, le due giornate aggiuntive “non integrano misura idonea a garantire un’adeguata tutela” della specie, pur a fronte della riduzione del carniere.
È poi illegittimo, scrive il Tar, posticipare la chiusura della caccia a beccaccia e tordo sassello. Il 20 gennaio è troppo tardi, bisogna smettere il 31 dicembre. Altrimenti ci si pone in contrasto con i Key Concept europei.
La braccata alla sbarra
Il terzo punto cruciale è rappresentato dal cinghiale. Ed è cruciale sia per i contenuti (l’anticipo dell’apertura al 16 settembre non può estendere la caccia oltre il trimestre previsto dalla legge) sia per le motivazioni. Una tecnica, e va bene. Per cominciare a cacciare a metà settembre ci volevano uno specifico parere Ispra e la predisposizione di piani faunistico-venatori, non adottati. Una di sostenibilità ambientale: “un’apertura anticipata della caccia al cinghiale, rispetto alle altre specie cacciabili […], non risulta condivisibile sotto il profilo tecnico-scientifico per il rilevante impatto che tale tecnica di prelievo [la braccata, ndr] esercita sulle specie non target”. E infine una, sulla quale si discuterà molto, relativa alla sicurezza: “l’anticipazione della caccia in un periodo nel quale i boschi sono ancora molto frequentati da escursionisti con interessi diversi è foriera di pericoli all’incolumità di altri cittadini che utilizzano i boschi per la ricerca di funghi, sport, passeggiate”.
Il quarto punto del ricorso accolto ha a che fare con gli appostamenti collocati a meno di 500 metri dalle zone umide frequentate da acquatici. L’istruttoria che ne giustifica la disciplina è difettosa: il Tar ha rinviato la questione alla Regione Liguria perché operi “nuove valutazioni”.
Possibile illegittimità costituzionale di orari di caccia e compilazione del tesserino venatorio
A chiudere, è chiamata in causa la Corte costituzionale perché decida fino a che punto le Regioni siano legittimate a intervenire sugli orari di caccia e sulle modalità di compilazione del tesserino venatorio. In particolare, nel ricorso si contestano il comma che prevede che il cacciatore debba indicare “la sigla [del selvatico] abbattuto subito dopo l’abbattimento accertato” e la possibilità di cacciare la selvaggina migratoria da appostamento fisso o temporaneo “fino a mezz’ora dopo il tramonto”.