Come ai tempi della scuola… così anche per i cacciatori l’anno comincia a settembre. Il tempo si scandisce e si ricorda per stagioni di caccia…
… ed ecco che anche quest’anno il vento ha fatto il suo giro e finalmente ci siamo. Si arriva a questo momento preparandosi già dal giorno in cui, mesi prima, si è appeso il fucile al chiodo. Perché la caccia non è un “affare” di stagione, è un modo di vivere il nostro tempo.
Prima di una nuova stagione di caccia, però, non ci sono stati soltanto i ricordi e l’attesa. Oggi l’apertura è un’idea universale perché in realtà si va a caccia, con e senza fucile, per 365 giorni l’anno. Tutti gli appassionati codaioli già da un po’ si sono dedicati ad allenare i loro ausiliari e molti ancora prima si sono costruiti, armati di scarponi, una mappa delle zone di caccia buone; i cacciatori di selezione, per i quali la stagione è stata tradizionalmente inaugurata con l’apertura al capriolo maschio, hanno instancabilmente lavorato per la gestione della fauna e del territorio, mentre i cinghialai sono costantemente impegnati nelle numerose attività che il buon funzionamento della squadra richiede. La politica venatoria viene seguita con passione durante tutto l’anno e anche le letture specializzate vanno a riempire lo zaino con cui i cacciatori partono per la nuova avventura.
Un breve momento
L’apertura è quindi solo un breve momento della vita di un cacciatore, fatta di tante aspettative, tanto lavoro, tanta passione e di tante nuove stagioni. E il rifiorire di emozioni passate e le attese trepidanti per ciò che può accadere accompagnano questi giorni di settembre. Ed è così anche per coloro la cui caccia d’elezione comincia più avanti (migratoristi, cacciatori di acquatici, capannisti), che comunque con l’apertura iniziano a respirare aria nuova.
E’ solo, dunque, quel sentire comune che ci appartiene e che ci domina che rende universale l’idea di apertura. E questo è un valore imprescindibile, che unisce tutti i cacciatori prima ancora di quell’istinto predatorio che ci spinge ad assecondare una passione profonda. Che nasce soprattutto da un desiderio di appartenenza ai boschi, alle pianure, alle montagne, alla natura.
Caccia e etica
E’ vero, l’ancestrale istinto di cattura non si sopisce, ma il cacciatore del terzo millennio è armato di un mezzo di caccia infallibile: oggi che la caccia non è più legata a una necessità alimentare, è un crescente senso etico che controlla ogni nostro gesto. Il rispetto per la natura, per la selvaggina e per noi stessi è quello che portiamo in spalla durante le nostre uscite di caccia. E’ la nostra attrezzatura per cacciare meglio e per essere prima che cacciatori uomini migliori. Perché un approccio alla caccia che non sia quello di utilizzare, imbracciando lo schioppo, le nostre conoscenze e di rispettare quello che la natura ci offre, è un modo ridicolo di praticare l’attività venatoria, anzi, è una cosa diversa dalla caccia, che non è certo una gara a chi “ne ammazza di più”, ma è una sfida con noi stessi per riuscire a essere pienamente parte di quel mondo in cui desideriamo immergerci totalmente.
A sparare sono capaci tutti, ad andare a caccia no. Non tutti sanno leggere un bosco, sanno interpretare il cielo, sanno ascoltare il vento, sanno rendersi invisibili, sanno tirar su un cane da caccia, conoscono a fondo gli animali che prelevano e vanno a caccia con rispetto. Non tutti sanno dire no quando non è opportuno o non è giusto tirare il grilletto.
Il tempo delle stagioni di caccia
Se l’essenza della caccia oggi è quell’ancestrale emozione che alimenta il nostro vivere, questa non può che essere completata da un profondo senso etico che ci distingue, ci eleva e che ci rende partecipi della magia che è la vita che si rinnova. Stagione dopo stagione. Settembre, dunque, scandisce il nostro tempo, che è quello delle stagioni di caccia.
© Viviana Bertocchi, editoriale Sentieri di Caccia settembre 2018