Nel corso del meeting annuale dell’American political science association Abbie Vegter, studentessa di scienze politiche, ha presentato lo studio sulla partecipazione politica dei proprietari di armi condotto dal gruppo di ricerca dei professori Don Haiden-Markel e Mark Joslyn dell’Università del Kansas.
La partecipazione politica dei proprietari di armi è più alta rispetto a quella di chi un’arma non ce l’ha. E non solo in termini di voto e astensione, ma anche di finanziamento ai candidati e di interesse a contattare i politici eletti. È quanto emerge da uno studio dell’Università del Kansas condotto dal gruppo di ricerca dei professori Don Haiden-Markel e Mark Joslyn. Le conclusioni sono state presentate da Abbie Vegter, studentessa di scienze politiche, al meeting annuale dell’American political science association. Nello studio è preso in considerazione il periodo 1972 – 2012, nel quale gli Stati Uniti hanno fatto registrare un incremento della partecipazione politica dei proprietari di armi. Che possono essere considerati un gruppo sociale a sé, si sottolinea nelle conclusioni dello studio.
E non è, o non è soltanto, l’Nra a condizionare il loro comportamento: soltanto un proprietario di armi ogni cinque è iscritto all’associazione. Conta di più la componente identitaria determinata dal possedere un’arma. «Possedere un’arma per andare a caccia non significa necessariamente», spiega Abbie Vegter, «che essere un cacciatore descriva una parte essenziale dell’identità personale. Ma possedere un’arma in quanto diritto garantito dalla Costituzione rappresenta una componente significativa dell’identità politica». E si rivela come qualcosa di intimamente connesso all’interesse per la politica attiva. È un aspetto da non sottovalutare, considerando che invece tradizionalmente i politici non identificano i possessori di armi come un gruppo politico a sé stante.