Nel giro di poche ore il Tar della Toscana ha rilasciato due sentenze opposte su due situazioni che avevano a che fare coi criteri ostativi al rilascio del porto d’armi.
Verosimilmente per uscire dal labirinto dei criteri ostativi al rilascio del porto d’armi si dovrà attendere la sentenza della Corte costituzionale. Che la situazione di chi ha a che fare con l’articolo 43 del Tulps sia tutt’altro che piana lo confermano due sentenze del Tar della Toscana. Opposte, anche se rilasciate a distanza di poche ore. Nel primo caso il tribunale ha accolto il ricorso di un cacciatore grossetano al quale la questura aveva negato il rinnovo del porto d’armi venatorio. Pesavano, nonostante la riabilitazione, due precedenti del 1958, relativi alla violazione del codice militare di pace. Ma, secondo il Tar, qualora il reato sia stato commesso quando non era possibile commutare la pena detentiva in pecuniaria, l’articolo 43 del Tulps non ha effetti automaticamente preclusivi. Ossia: occorre un’autonoma valutazione dell’istituzione competente per giustificare il diniego al rilascio del porto d’armi.
Caso diverso se la condanna arriva in tempi successivi, quando il giudice avrebbe potuto valutare di infliggere una pena pecuniaria. In questo caso, fa sapere il Tar della Toscana respingendo il ricorso di un cacciatore fiorentino, prevale l’interpretazione rigoristica. In realtà, ciò che emerge alla distanza è la necessità di un intervento definitivo che tracci i limiti della discrezionalità e dell’automatismo. E a quanto pare non bastano i pronunciamenti del Consiglio di Stato e le circolari del ministero dell’Interno. Anche il Tar riconosce peraltro i “numerosi e recenti contrasti giurisprudenziali” in merito.