Il Tar della Campania si è pronunciato sul ricorso di un cittadino di Caserta, al quale l’amministrazione aveva revocato il porto d’armi per un ritardo nella denuncia. L’uomo non era riuscito a denunciare l’acquisto di un’arma per l’assenza del personale addetto.
Non vale mai la pena arrivare al limite della legge, e quindi per sicurezza conviene attenersi alla lettera del dettato, ma di sicuro farà discutere la sentenza del Tar della Campania sul termine perentorio delle 72 ore di tempo per denunciare l’acquisto di un’arma. Perché, accogliendo il ricorso di un cittadino a cui la questura aveva revocato il porto d’armi, il tribunale amministrativo ha valutato le responsabilità del ritardo. Valutando di conseguenza. Nel caso giudicato, l’uomo che doveva denunciare l’acquisto di un’arma dal fratello si era recato per ben due volte presso gli uffici del commissariato. Malgrado la “gastroenterite con febbre 38° C necessitante di giorni quattro di riposo”, come da certificato medico. Ma in entrambe le circostanze non era riuscito a far registrare l’acquisto dell’arma per l’assenza del personale addetto.
Quando, allo scoccare dell’ottantesima ora dall’acquisto, era riuscito a denunciare l’acquisto dell’arma, l’amministrazione aveva avviato l’iter per la revoca del porto d’armi venatorio. Il ritardo di otto ore nella denuncia d’acquisto, sosteneva la questura, faceva venire meno i requisiti di affidabilità. Ma il Tar ha cassato la decisione accogliendo il ricorso e restituendogli il porto d’armi. “Un fatto isolato”, scrivono i giudici amministrativi, “non può determinare la formazione di un giudizio di pericolosità tale da inibire il possesso della licenza”. Tanto più se è “ricollegabile a una situazione personale astrattamente scriminante”.