Lo ha stabilito il Tar della Calabria: disposto risarcimento danni a carico del ministero dell’Interno.
Perse il lavoro per più di tre anni e mezzo perché ingiustamente incappato nella revoca del porto d’armi: nella giornata di oggi un vigilante, licenziato nell’ottobre 2005 e riassunto solo nel luglio 2009, ha ottenuto dal Tar della Calabria la sentenza di risarcimento danni a carico del ministero dell’Interno. La guardia giurata ha ragione nel chiedere il risarcimento per aver perso quattro anni di stipendio e le relative anzianità di servizio e contribuzione previdenziale; nella valutazione pesa l’illegittima decisione della pubblica amministrazione che, “con un’attività sbrigativa e affatto superficiale, quindi insufficiente, e connotata da irragionevole severità valutativa”, revocò il porto d’armi al vigilante per una “presunta inaffidabilità per frequentazioni sociali con soggetti controindicati”.
Ma, annullando la decisione della prefettura, il Consiglio di Stato aveva già stabilito l’insussistenza di pregiudizi penali.
Ecco perché il Tar può parlare di un “livello di approssimazione nella condotta serbata dalla prefettura, che ha adottato un provvedimento gravemente pregiudizievole per il destinatario, incidente sull’attività lavorativa del medesimo e, quindi, sulla sua fonte di sostentamento, senza svolgere un’attività istruttoria congrua e adeguata al caso, eventualmente disponendo gli approfondimenti e gli accertamenti ritenuti necessari”. Ed ecco perché ora lo Stato deve pagare.