Raccontando il tentativo di furto subito nella sua casa di campagna, lo scrittore affida al Giornale le proprie riflessioni sulla legittima difesa. E si dice pronto ad acquistare un fucile semiautomatico.
“L’incubo dei ladri e la violenza alla proprietà. Lo Stato non mi protegge? Allora io mi armo”. Il Giornale titola così l’articolo dello scrittore Aurelio Picca pubblicato sull’edizione di ieri del quotidiano. Picca racconta del tentativo di furto consumato qualche giorno fa nella sua casa di campagna sui Colli Albani e si dice certo che, “se i ladri avessero varcato la finestra e messo piede qui dentro, e io avessi avuto in pugno o imbracciato pistola o fucile, avrei sparato”. Nelle parole dello scrittore, più che il furto in sé pesa la violazione dell’intimità (“uno stupro che squarcia il velo del nostro pudore e permette a degli sconosciuti di camminare con gli scarponi chiodati dentro l’interiorità”).
E, visto che “oggi la proprietà – non dei grandi capitali ma di quelli che hanno fatto un culo per tirarla su – appartiene allo Stato o a chi se ne vuole appropriare indebitamente”, ha deciso di acquistare un fucile semiautomatico che vada a far compagnia alla piccola rivoltella che custodisce come una reliquia: spera di non dovere “mai usarlo. Ma se qualcuno vuole stuprare la mia storia (perché il mondo interiore racconta la nostra storia) e quella di chi amo, io sparo anche se dovessi uccidere”.