Il Tar del Lazio dà ragione a un cittadino romano che nel 1999 fu trovato in possesso di cinque grammi di hashish: a distanza di tutto questo tempo l’uso occasionale di una droga leggera non può essere un motivo sufficiente per il diniego del porto d’armi.
Cinque grammi di hashish non bastano per dire di no al porto d’armi. Tanto più se l’evento si è verificato più di diciotto anni fa. Il Tar del Lazio ha annullato il provvedimento della prefettura di Roma dando ragione a un cittadino che aveva presentato ricorso contro una decisione del 2007. Già nel 2000, ritenendo che la sostanza stupefacente trovata dai finanzieri fosse destinata a uso personale, i giudici avevano disposto l’archiviazione del procedimento penale. Più complessa la vicenda amministrativa perché, si sa, sono coinvolti i requisiti di affidabilità e il potere discrezionale degli uffici periferici dell’Interno. Ma secondo il Tar la severità di questura e prefettura è “affetta da manifesta illogicità”.
Già nel 2005 l’uomo aveva prodotto l’esito di analisi mediche che certificavano che fosse pulito; e i principi di ragionevolezza e proporzionalità ai quali devono attenersi le istituzioni coinvolte non possono escludere “la rilevanza del decorso del tempo”. I giudici amministrativi sottolineano anche come il dpr 309/1990 restringa “l’efficacia temporale della sanzione amministrativa del divieto di conseguire la licenza di porto d’armi, nel caso di uso personale di droghe cosiddette leggere, a un periodo fra 1 e 3 mesi”, e non a otto anni. Anche perché si tratta di un singolo episodio, archiviato quale “mero illecito amministrativo”. Pesante, troppo pesante, il diniego del porto d’armi. Anche se il tempo passato tra la decisione della prefettura e la pronuncia del Tar non sarà reso da nessuno.