Solo mentre è in servizio: quando non svolge attività istituzionali, un vicebrigadiere dei Carabinieri può non avere diritto al porto di pistola per difesa personale. Lo ha stabilito il Tar della Calabria.
Fuori dal servizio neppure un vicebrigadiere dei Carabinieri ha diritto incontestabile a possedere un’arma per difesa personale. Lo ha ribadito il Tar della Calabria confermando la decisione della prefettura di Vibo Valentia. “Dalle risultanze dell’istruttoria”, scrivono i giudici del Tar, “non sono emersi fatti idonei a determinare il persistere della necessità dell’interessato di tutelare la propria incolumità, andando armato, per il soddisfacimento di esigenze di difesa non riconducibili ai propri compiti istituzionali per il cui assolvimento è previsto l’armamento in dotazione”.
Il Tribunale amministrativo ritiene infatti che le esigenze di difesa personale siano strettamente connesse all’attività istituzionale del carabiniere. E per svolgerle deve essere usata “esclusivamente e obbligatoriamente” la pistola d’ordinanza, in alcuni casi abbinata alle armi in dotazione al reparto. Fuori dal lavoro e nella vita privata non c’è necessità di dotare il carabiniere di porto di pistola per difesa personale “al fine di tutelare la [sua] incolumità”.
E in caso di prolungata assenza per malattia o congedi, come si fa con l’arma? Per il tribunale è sufficiente notare che “negli ultimi dieci anni [il vicebrigadiere] non si è assentato dal Reparto per motivi sanitari”, né ha riportato patologie che prevedono la concessione del congedo. Per alcuni aspetti basta la fiducia nel passato, evidentemente.